23 Dicembre, 2024

Il problema dell’estremismo islamico in Europa

È di pochi giorni fa la notizia che una rifugiata yazida, ovvero una ragazza facente parte di quella minoranza etnica in Iraq che dall’estate 2014 fu pesantemente colpita da ISIS, ha incrociato per strada i suoi vecchi carcerieri appartenenti allo Stato islamico. La ragazza, Ashwaq, aveva 14 anni quando i combattenti di ISIS attaccarono la regione irachena dove risiedeva con la famiglia, catturandola insieme ad altre migliaia di donne yazide che vennero poi vendute come schiave. Nel caso di Ashwaq, pare che lei venne venduta per circa 100 $ a un uomo di nome Abu Humam che la stuprò e picchiò diverse volte prima che lei riuscisse a scappare e a trovare rifugio in Germania con la madre e un fratello.

Nella primavera 2018 fuori da un supermercato, Ashwaq è stata avvicinata da un uomo che si è fatto riconoscere come Abu Humam e che le ha fatto capire di conoscerla personalmente e di sapere anche dove e con chi risiedava in Germania. Alla denuncia della ragazza la polizia tedesca non è stata in grado di identificare l’uomo, ma secondo alcuni attivisti tedeschi il caso non sarebbe isolato.

Questo fatto è in sé piuttosto grave perché mette in luce il buco enorme nella sicurezza europea legato ai flussi migratori che stanno colpendo l’Europa negli ultimi anni. Purtroppo nascosti tra i migranti ci sono personaggi poco raccomandabili legati a vario modo e titolo a gruppi estremisti. Gli attacchi in Europa degli anni passati, in primis Parigi e Bruxelles, avevano perfettamente messo in luce come molti di quegli attentatori avessero sfruttato la facilità di penetrazione nel continente per potersi muovere e agire. È vero che molti avevano un regolare passaporto comunitario, ma è altresì vero che alcuni attentatori come, Ahmed Almuhamed, erano invece entrati mischiandosi al flusso migratorio. Nel caso specifico, ricostruito in un’analisi di Italianieuropei una fondazione che non può certo essere tacciata di posizioni estremiste, Ahmed Almuhamed era stato registrato come richiedente asilo sull’isola greca di Leros, dopodiché aveva fatto domanda di asilo in Serbia prima di recarsi in Croazia, in Austria e infine in Francia. Anche uno studio di ISPI dedicato al jihadismo in Europa se da un lato mette in luce come la maggior parte degli attentatori appartenesse a una qualche nazionalità europea, dall’altro sottolinea come quasi il 25% fosse invece immigrata nel paese colpito e quasi la metà di quel 25% fosse composta da rifugiati, richiedenti asilo o persone illegalmente presenti nel paese colpito.
Un problema centrale che l’Italia e tutti i Paesi europei devono analizzare con realismo e pragmatismo, trovando le giuste contromisure.

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