Mark Galeotti, L’esercito russo moderno, 1992-2016, Leg, Libreria Editrice Goriziana, Gorizia 2018
Ormai da qualche anno la Russia è tornata a essere un attore centrale
della politica globale come dimostra il suo coinvolgimento in Ucraina,
in Siria e in modo più soft in tutto il Medio Oriente. Uno strumento
centrale di questo rinnovato attivismo politico a livello regionale è
indubbiamente rappresentato dal suo strumento militare. Ne consegue che
chi voglia capire meglio la politica odierna di Mosca deve per forza di
cose passare anche dalla comprensione delle sue forze armate e di ciò
che possono (e non posso) fare. Il testo di Mark Galeotti è un utile
strumento in questa direzione. L’autore è un personaggio molto noto per
chi si occupa di Russia, è Senior Non-Resident Fellow all’Institute of
International Relations di Praga e negli ultimi anni ha scritto molto
sulle forze armate russe, sul concetto di guerra ibrida russa e in
generale sulla politica militare ed estera di Mosca. È dunque una voce molto interessante da prendere in considerazione per avere un quadro della situazione.
Il
testo che ha scritto è sicuramente interessante e la traduzione
italiana (l’opera originale è uscita per i tipi della Osprey nel 2017)
va sicuramente nella giusta direzione per colmare un vuoto di conoscenze
su un tema importante, come quello relativo alla forza e agli interessi
di Mosca, ma ancora poco studiato o studiato da un punto di vista
troppo ideologico in Italia. Più che un’analisi dell’esercito russo è
una breve storia dello stesso dalla fine della Guerra Fredda fino alle
prime operazioni in Siria.
Vengono così messi in luce gli enormi
problemi logistici nati dal crollo dell’impero sovietico, poiché non si
disponeva di sufficienti spazi per alloggiare le truppe distanziate nei
Paesi ormai ex-alleati dell’Europa dell’Est e così le condizioni di vita
divennero terribili. Inoltre c’erano enormi problemi di disciplina,
mancanza di fondi, strutture fatiscenti e quant’altro. Infine, i
conflitti politici non aiutarono di certo l’esercito in quegli anni. Il
testo quindi passa in rassegna, brevemente, i vari conflitti in cui
l’esercito russo è stato impiegato dal 1992 in poi. Si prende in
considerazione la prima e la seconda guerra in Cecenia mettendo in luce
tutti i limiti della prima ed evidenziando, invece, i cambiamenti
avvenuti con Putin per la seconda. Si tocca il conflitto in Georgia del
2008 in cui i primi risultati delle riforme volute da Putin si fecero
sentire, ma dove si individuarono ancora molti limiti. Proprio da questi
ultimi nasce la spinta per la riforma che proprio dal 2008 ha cambiato
radicalmente l’esercito russo sia nella sua struttura (si è passati da
una basata sulla Divisione a una dove è la Brigata a rappresentare il
mattoncino principale, anche se Galeotti mette in luce come questo
mutamento non sia omogeneo e vada comunque a intaccare una tradizione di
lungo corso negli apparati militari russi) sia nel suo armamento.
Molto
interessante il penultimo capitolo “Forze d’intervento” in cui l’autore
prende in considerazione i vari reparti russi più moderni e più adatti a
operazioni rapide e in linea con la forma del moderno campo di
battaglia. Si parla quindi delle VDV, ovvero le unità aviotrasportate,
con un excursus storico sulla loro nascita, e operazioni, durante il
periodo sovietico. Infatti furono proprio queste unità a essere
impiegate per sedare le rivolte in Ungheria (1956) e in Cecoslovacchia
(1968). Sono forze altamente addestrate e dotate anche di armamento
pesante seppur in grado di essere infiltrate con aerei o elicotteri. La
fanteria di Marina che non solo ha partecipato a tutte le guerre russe
ma ha anche operato al largo della Somalia in funzione anti-pirateria in
modo efficace seppur poco ortodosso secondo gli standard occidentali.
Infine si prendono in considerazione gli Spetnaz spesso definiti truppe
speciali, ma che in realtà hanno compiti leggermente diversi rispetto a
quelle dei Paesi NATO per esempio.
Il testo è breve e si legge
rapidamente ma, pur essendo un volume importante per approfondire la
conoscenza della Russia e in particolare del suo strumento d’azione in
politica estera, è fin troppo conciso. Il focus è chiaramente sul
processo di riforma dell’esercito di cui vengono evidenziati i passaggi
cruciali, i limiti e le ricadute, ma qualche approfondimento in più sui
singoli conflitti sarebbe stato gradito. Inoltre pur citando
ripetutamente la Siria nel testo manca del tutto uno studio almeno per
sommi capi dell’intervento di Mosca in quella regione che rappresenta
senza ombra di dubbio un test importante sia per l’esercito sia per
l’armamento. La Crimea è meglio analizzata. Siccome l’autore ha anche
scritto un libro sugli Spetnaz mi sarei aspettato qualcosa in più su questo corpo d’elite invece che una singola paginetta.
Il testo è comunque uno strumento utile per capire meglio il processo di ammodernamento dell’esercito di Mosca, i suoi limiti e i suoi punti di forza. Mette in luce come, malgrado le difficoltà negli ultimi anni, sia stato in grado di dotarsi di moderni sistemi d’arma e di riuscire a integrarli perfettamente nelle sue operazioni sorprendendo, da questo punto di vista, anche gli osservatori NATO. Un esempio è quello dei droni che durante la guerra in Georgia del 2008 erano tutti di importazione, mentre ora Mosca produce e impiega i suoi modelli e sta testando anche il primo modello armato.