ISPI ha pubblicato un Dossier intitolato Guerra in Libia dedicato ai venti di guerra che soffiano in Libia in questi giorni a cui ho contribuito con una riflessione su Haftar, i suoi alleati internazionali e come potrebbero riconfigurarsi le varie situazioni alla luce dell’intervento turco.
Il Dossier si articola in varie riflessioni tutte incentrate sull’analisi dell’attivismo di Ankara e di cosa questo potrebbe comportare per i diversi attori coinvolti e per la Libia stessa. Per esempio, Giampiero Massolo, Presidente ISPI, mette chiaramente in luce le debolezze dell’UE, dell’Italia e della comunità internazionale in genere, incapace di pensare la Politica oltre a vaghe parole d’ordine vuote di significato. Giustamente sottolinea, come fa Valeria Talbot nel suo intervento, che le dinamiche attuali farebbero pensare a una separazione tra Tripolitania e Cirenaica (con il sud desertico pericolosamente fuori controllo).
Federica Saini Fasanotti mette in luce sia come in Libia ci siano più potenze straniere (e le loro armi) che libici sia il fatto che l’intervento turco è di lunga data poiché Erdogan ha iniziato ad appoggiare anche coi fatti, a differenza di Italia e UE, il Governo di Accordo Nazionale (GNA) sin da aprile.
Umberto Profazio, come ho in parte fatto anche io nel mio intervento, mette in chiaro come l’intervento turco vada contestualizzato, ovvero come la creazione di un centro di coordinamento delle operazioni militari e l’invio di un limitato numero di consiglieri (così come la precedente fornitura di droni Bayraktar TB2) appaiano al momento incapaci di ribaltare le sorti del conflitto a favore del GNA di Haftar. È più probabile, invece, che Erdogan voglia produrre una situazione di sostanziale equilibrio, a partire dalla quale poter meglio negoziare la tutela degli interessi turchi, compresi quelli offshore. Infine, Matteo Villa mette in luce come la correlazione tra immigrazione clandestina dalla Libia e intensità del conflitto nel Paese sia fluttuante.
L’instabilità libica resta un problema cruciale per l’Italia perché con un governo che controllasse il suo territorio l’immigrazione clandestina sarebbe bloccata, perché abbiamo interessi economici strategici nel Paese, soprattutto in Tripolitania e ciò dovrebbe far riflettere su come ci approcciamo alla Turchia, perché abbiamo militari dislocati a Misurata verso cui il fronte si è pericolosamente avvicinato in questi giorni.