Testi sul terrorismo oggi di certo non mancano e trovarne qualcuno che offra una visione diversa o alternativa del fenomeno è piuttosto difficile, ma Francesco Benigno, docente di Storia moderna presso la Scuola Normale Superiore di Pisa, ci riesce con il suo libro Terrore e terrorismo. Saggio storico sulla violenza politica, Einaudi, Torino 2018.
Partendo dal titolo si possono mettere in luce tre elementi che parzialmente lo discostano dal resto della bibliografia attuale. Si parla certamente di terrorismo, ma prima di tutto si parla di terrore, parola che è la radice etimologica del primo ma che in realtà rappresenta un campo di studio molto diverso. Il terrore è un sentimento che ha un ruolo importante in politica e nel pensiero politico, ma che spesso viene ignorato quando si parla di terrorismo. Saggio storico poi ci porta a riflettere sulla metodologia impiegata per studiare il fenomeno, ovvero uno studio basato sull’evoluzione storica che pur prendendo in considerazione l’attuale situazione non si focalizza solo su quest’ultima ma amplia lo sguardo a fenomeni e contingenze diverse per delineare un quadro complesso e articolato, ma ricco di punti di contatto e suggestioni. Questo è un limite della ricerca individuato dall’autore stesso nell’introduzione in cui sostiene che “la storia è scarsamente presente nell’enorme produzione scientifica sul terrorismo” (p.xiii). In realtà non mancano testi che cercano di affrontare il problema con questa metodologia, come per esempio Martha Crenshaw, Terrorism in Context oppure più parzialmente Bruce Hoffman, Inside Terrorism, entrambi affrontano il problema evidenziandone l’evoluzione, seppur con modi e profondità diverse, ma indubbiamente non colgono l’intera storia del fenomeno. Infine, violenza politica ci fa ulteriormente riflettere dal punto di vista metodologico perché il terrorismo non viene, direi finalmente, interpretato come un atto folle di un gruppo di disadattati o psicopatici o di persone non inserite nella società come troppo spesso gli approcci sociologici e psicologici cercano di dimostrare. Bensì il terrorismo viene, giustamente, interpretato come uno strumento politico, come un metodo per dare una particolare forma alla violenza politica. Quest’ultima può assumere vari aspetti a seconda degli attori, del grado di violenza che si vuole perpetrare, degli strumenti a disposizione e quant’altro, ma uno di questi aspetti è indubbiamente il terrorismo. Quest’ultimo si basa senza ombra di dubbio sulla forza armata, ma essa non è il suo elemento distintivo perché in realtà questo è il terrore appunto, la volontà di colpire il nemico e sconfiggerlo non militarmente sul campo di battaglia, bensì prendendo di mira il morale e terrorizzandolo al punto da incapacitarlo a reagire e a compiere le azioni dovute.
Come afferma Benigno nell’introduzione il volume cerca di rispondere a “se sia possibile individuare una tradizione culturale imperniata sull’uso politico del terrorismo” (p.xvii). La risposta che emerge dalle pagine del testo è affermativa e trova le sue radici in alcuni aspetti e riflessioni della cultura europea.
Tra i vari elementi convincenti del libro vorrei evidenziarne due. Primo, il volume mette in luce, soprattutto nei capitoli 2 e 3, il nesso cruciale, ma spesso ignorato nell’analisi del terrorismo, tra quest’ultimo e l’insorgenza. Il terrorismo è uno strumento a disposizione degli insorti che poi possono decidere o meno di usarlo, possono impiegarlo diffusamente o solo per azioni mirate, possono addottoralo come tattica a fasi alterne e via discorrendo. Ma dove si sviluppa un’insorgenza ecco che il fenomeno terroristico trova terreno fertile per essere impiegato in qualche modo da almeno una delle parti in lotta. Nella valutazione complessiva del fenomeno questo aspetto deve sempre essere tenuto in considerazione perché crea la cornice politica, sociale, strategica entro cui il terrorismo si inserisce. Troppo spesso negli studi sul terrorismo quest’ultimo diventa la cornice stessa, ma tranne in rari casi esso è un aspetto di un fenomeno conflittuale più ampio. Come sostiene giustamente Freedman il terrorismo può essere tattico o strategico, ovvero l’unico strumento di lotta, ma gruppi di questo genere sono piuttosto rari nella storia.
Sempre parlando del legame tra insorgenza e terrorismo, leggendo autori come Carlo Bianco, Giuseppe Mazzini e Karl Heinzen (tutti discussi da Benigno insieme a molti altri) si arriva alla corretta conclusione che spesso il terrorismo, come sosteneva apertamente proprio Carlo Bianco, è il primo passo dell’insorgenza, è la scintilla che può far scoppiare l’incendio. Io stesso ho analizzato nel mio lavoro su Carlo Bianco questo legame che vede il terrorismo, ovvero l’azione isolata di un manipolo di uomini, come il punto di inizio di un movimento di rivolta più ampio che può poi prendere piede o meno a seconda anche della risposta delle forze di sicurezza. Questo è un aspetto molto importante e interessante che però spesso sfugge all’analisi specifica del terrorismo, soprattutto di quello più recente.
Un secondo elemento molto interessante del testo che ci accompagna più o meno per tutte le pagine è quello di riportare autori, idee e riflessioni legate al terrorismo e non solo gruppi o descrizioni storiche delle varie campagne. Si possono così leggere le riflessioni di Lenin su rivoluzione e terrorismo, quelle di Fanon piuttosto che di altri autori sconosciuti a chi non si occupa della materia come per esempio Marighella, teorico brasiliano della guerriglia urbana, oppure Baghwati Charan con la sua Filosofia della bomba. Questo metodo di analisi applicato al terrorismo è particolarmente interessante perché da un lato mostra come il pensiero relativo sia mutato a seconda del sentire del tempo (dal terrorismo nazionalista a quello comunista, da quello anarchico a quello indipendentista), ma allo stesso modo sottolinea come rimangano fissi alcuni elementi tipici e peculiari sia nell’uso della violenza sia nella retorica.
Il libro è molto articolato e complesso, è composto da 300 pagine dense che ci conducono dalla nascita del termine terrorismo durante la Rivoluzione francese (primo capitolo), all’anarchismo russo di fine ’800 (capitolo 4). Si passa poi ad analizzare il ’900 con i legami tra terrorismo e comunismo e il fenomeno del terrorismo di stato (capitolo 5), per poi affrontare il tema della Guerra fredda e le conseguenti guerre di decolonizzazione e il concetto di guerra rivoluzionaria ben approfondito attraverso i testi francesi (capitolo 6). Il capitolo 7 affronta il tema degli anni di piombo in Italia ma non solo, affronta la questione dell’operazione Stay-behind della NATO durante la Guerra fredda che mirava a rinsaldare i governi amici democratici europei attraverso la creazioni però di un falso pericolo rosso. L’autore ricorda giustamente l’opera Tecniche della guerra rivoluzionaria che fu il frutto della riflessione italiana del tempo legata ad esponenti di spicco della destra. Infine l’ultimo capitolo prende in esame il terrorismo contemporaneo.
Tale ricostruzione storica è molto affascinante perché analizza fatti ed eventi intrecciati fra loro, ma al tempo stesso essi sono anche distanti per contesto politico ed epoca storica il che non rende semplicissimo seguire il filo conduttore del volume. E qui forse si cela il limite maggiore del testo che soprattutto in questa seconda parte si perde un po’ tra autori, fatti, conflitti molto diversi fra loro. Soprattutto in questa seconda parte campagne prettamente terroristiche (le BR in Italia o la RAF in Germania) vengono mischiate a situazioni dove il terrorismo era solo una tattica (guerra d’Algeria per esempio) e ad altre dove il gruppo terroristico era sovvenzionato e appoggiato da uno stato o dove era lo stato stesso a portare avanti campagne terroristiche più o meno coperte.
Questi fenomeni, storicamente molo complessi, rappresentano un qualcosa di diverso rispetto al terrorismo condotto da attori non statuali, benché la tattica sia la stessa e forse tale profonda diversità avrebbe dovuto essere maggiormente messa in evidenza, anche per facilitare la lettura e la comprensione a chi non è un esperto del tema.
Un testo così articolato è comunque impossibile che affronti ogni tema e aspetto con la stessa profondità, ma questo non deve diventare un freno alla lettura, perché il volume è interessante e ricco di idee, riferimenti e concetti legati al terrorismo che meritano di essere affrontati. Il libro offre uno sguardo diverso sul fenomeno terroristico toccandone elementi spesso non messi così in evidenza e affrontando tematiche, come quella dell’insorgenza, che sono cruciali per la sua comprensione.