21 Novembre, 2024
Storia della guerra

Una storia della guerra

Il testo curato da Bruno Vabanes, Una storia della guerra. Dal XIX secolo ai giorni nostri, Bompiani, Milano 2022 è sicuramente un volume che non può mancare nella libreria di chi è interessato al tema della guerra in generale e più nello specifico tra il periodo napoleonico e la Guerra Fredda. Altrettanto sicuramente non è un volume tascabile visto il numero di pagine, quasi 850, e la varietà di temi che vengono presi in esame. L’aspetto importante del testo è proprio la sua capacità di analizzare problematiche legate ai conflitti molto varie, sia da un punto di vista storico che di contenuti, oltre all’interessante scelta fatta dal curatore di guardare alla guerra da prospettive diverse. Questo approccio spiega anche l’indice del volume particolarmente articolato e il numero elevato di capitoli. Infatti, i contenuti sono divisi in quattro macro sezioni, tutte con un’introduzione dedicata per inquadrate le tematiche trattate, ognuna composta da svariati capitoli, molti dei quali scritti da autori importanti e noti, che prendono in esame aspetti specifici.

Data la lunghezza del testo e l’articolazione dello stesso in circa 40 capitoli, una recensione dettagliata in uno spazio ridotto risulta semplicemente impossibile da scrivere. Qui cercherò di mettere in luce i capitoli/temi che più mi hanno interessato per dare un’idea al lettore interessato dei contenuti del libro.

Prima parte

La prima parte del volume, La guerra moderna, analizza vari temi legati all’evoluzione del fenomeno bellico focalizzandosi sul XX secolo perché viene, giustamente, indicato come un momento di svolta per la storia dei conflitti. Da diversi punti di vista si insiste sul tema del rapporto guerre asimmetriche-guerre simmetriche e, infatti, qui troviamo i capitoli dedicati al terrorismo, all’AK-47, alla guerriglia e controguerriglia, alla rivoluzione in Cina, alle small wars dell’imperialismo britannico. Allo stesso tempo, però, qui si possono leggere anche capitoli che analizzano aspetti decisamente più recenti come per esempio lo sviluppo delle compagnie private di sicurezza o i droni (capitolo però inspiegabilmente molto breve).

Altri capitoli sono meno tematici, ma più teorici come per esempio il primo, Pensare la guerra, in cui si fa un’interessante riflessione su come negli ultimi decenni, sopratutto in Occidente, il tema del conflitto sia stato declinato in modo particolare seppur non sia mai scomparso dall’orizzonte politico. Al suo interno non può chiaramente mancare un paragrafo su Clausewitz che mette in luce come il teorico prussiano sia fondamentale e offra tre diversi assi per definire e ragionare sulla guerra: guerra come duello su vasta scala, guerra come strumento della politica, guerra come camaleonte. Nelle pagine successive si prendono in esame altri teorici per mettere in luce la dicotomia tra grandi guerre e piccole guerre, il concetto di guerra limitata nel quadro della Guerra fredda con Liddell Hart o la questione nucleare con Bernard Brodie.

Il capitolo successivo, firmato da uno storico di fama mondiale come Sir Hew Strachan, si intitola La fine delle battaglie e parte da Warterloo per prendere in esame il ruolo della battaglia nei conflitti degli ultimi due secoli. Si mette così in luce come dopo Napoleone la battaglia è spesso diventata un fine in sé e come in altri contesti, come la guerriglia, venga invece eliminata ed evitata.

Molto originale il capitolo Le distruzioni ambientali perché dal titolo si potrebbe pensare che il focus sia sui conflitti più moderni con l’impiego di armi chimiche o il rischio nucleare, invece lo sguardo è decisamente più storico e offre riflessioni assolutamente contro-intuitive. Da qui emergono tre conclusioni principali: le conseguenze ambientali dei combattimenti sono minori rispetto a quelle legate ai preparativi per combattere; le guerre irregolari hanno più effetti negativi sull’ambiente di quelle regolari; il ripristino delle condizioni ecologiche dopo una guerra dipende dal dopo-guerra più che dalle dinamiche del conflitto in sé. Un esempio è significativo per far capire il primo punto. In epoca napoleonica un vascello di medie dimensioni necessitava del legno derivato da 300 querce mature (ovvero intorno ai 100 anni), senza contare la necessità di legno particolare per determinati elementi e di quello di abeti per gli alberi che inoltre andavano cambiati regolarmente. Se si pensa che la Royal Navy dell’epoca contava un centinaio di vascelli ci si può fare un’idea molto chiara dell’impatto ambientale derivante dalla costruzione di una flotta, ma anche della necessità di controllare il territorio dove era possibile reperire quel legno specifico. Sulle guerre più moderne poi si deve riflettere anche sull’impiego degli agenti chimici e a tal proposito il capitolo si chiude con un paragrafo sull’impiego dell’agente arancio da parte americana in Vietnam.

Il capitolo successivo, La tecnologia è nulla senza la strategia, è un’interessante riflessione sulla tecnologia militare. Per prima cosa si distingue tra cambiamenti legati a un’evoluzione (ovvero diverse migliorie apportate nel tempo a tecnologie esistenti) che però possono avere un effetto significativo sui combattimenti e quelli di carattere rivoluzionario che introducono una tecnologia del tutto nuova. Nelle guerre regolari il vantaggio tecnologico, inoltre, non è destinato a durare a lungo perché l’altro riuscirà a sviluppare un’adeguata contromisura o una tecnologia simile. Il discorso per le guerre irregolari, invece, è diverso come viene messo in luce nell’ultimo paragrafo dove si prendono in considerazione sia strumenti tipicamente artigianali come l’impiego delle pentole a pressione come bombe, sia la disparità di risorse economiche necessarie al regolare per contro-bilanciare l’irregolare, si pensi allo sviluppo di mezzi resistenti agli IED nei moderni teatri operativi.

Seconda parte

La seconda parte del testo si intitola Il mondo dei combattenti e i diversi capitoli prendono in esame non temi legati al problema della guerra bensì i suoi vari protagonisti. Si studia quindi come si è sviluppato storicamente il concetto moderno di esercito, ma anche la diversità che esiste tra chi combatte in Europa e chi combatte nelle colonie perché si trova sia in un ambiente del tutto diverso sia inserito in un’organizzazione militare particolare e lontana da alcune concezioni prettamente europee. Trovano poi spazio capitoli sui volontari, un approfondimento sul ruolo delle donne, i partigiani, i bambini soldato e il come, in epoca moderna, è stato affrontato il problema dei prigionieri.

Terza parte

La terza parte, Esperienze di guerra, è invece spaccata in due. Infatti, i primi sei capitoli prendono in esame la prospettiva dei soldati e qui troviamo nuovamente un capitolo che mette in luce le diversità tra guerre europee e quelle coloniali, ma anche il problema dei morti e quello dei feriti. I restanti, e più numerosi capitoli, si concentrano invece sulla prospettiva dei civili. Qui trovano spazio riflessioni di Richard Overy sui bombardamenti aerei della Seconda Guerra Mondiale e un capitolo sulla questione dei bombardamenti nucleari condotti dagli americani, nonché diversi altri sul tema, variamente declinato, delle violenze contro i civili: gli esperimenti giapponesi sempre durante il secondo conflitto mondiale, una carrellata su vari esempi di violenza condotta durante i conflitti, un approfondimento sullo stupro come arma di guerra più che come deviazione.

Quarta parte

La quarta parte, L’uscita dalla guerra, mette in luce, invece, diversi temi che in genere noi esperti di guerra tendiamo a non considerare, ma che in realtà sono molto rilevanti sia per come termina veramente un conflitto sia per mettere in luce le eventuali cause del futuro scontro. Il capitolo che apre la sezione studia tre momenti centrali degli ultimi due secoli: Vienna, Parigi e Jalta. Ma poi si affronta il problema del soldato che torna a casa e deve reinserirsi in una società civile, il problema delle rovine che accompagnano quella società, il problema del lutto legato alle famiglie che hanno perso un loro caro, il dover fare i conti con eventuali crimini di guerra (questo è sicuramente un tema centrale nei conflitti più moderni e infatti il caso studio preso in esame riguarda il Vietnam ed è l’eccidio americano di My Lai) e tutta la questione dei reduci legato ai problemi psichici che possono presentarsi.

Il testo curato da Bruno Cabanes non è certamente un agile volumetto per affrontare una tematica specifica legata alla guerra, quanto piuttosto un tentativo, sicuramente riuscito, di analizzare storicamente la complessità del fenomeno prendendo in esame diversi temi che possono indubbiamente dare un’idea più approfondita delle difficoltà di studiare la Guerra.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *