Il testo di Ben Lewis, Falce e sberleffo. Una storia del comunismo attraverso la satira. Ovvero: le barzellette che hanno fatto crollare il Muro,
Piemme, Milano 2009 è unico nel suo genere: interessante e pieno di
contenuti come un saggio, ma scorrevole e piacevole da leggere come il
più leggero dei romanzi. Il libro riesce a mantenere questo equilibrio
grazie alla scelta estremamente originale del suo autore, creatore di
vari approfondimenti per la BBC e altre importanti testate
giornalistiche a livello mondiale, che si mette ad analizzare un aspetto
talmente banale della quotidianità da risultare ben poco affrontato e
in grado di offrire uno sguardo del tutto nuovo a realtà ormai più o
meno note: ovvero la satira nelle sue diverse declinazioni barzellette,
battute, vignette varie.
Tramite questa chiave di lettura l’autore ci
porta a fare un viaggio nella storia dell’Europa dell’Est del XX
secolo, infatti il volume parte dalle barzellette su Lenin, per passare a
quelle su Stalin al periodo nazista e poi analizza in modo più
approfondito quelle relative ai paesi del blocco sovietico dopo la fine
della Seconda Guerra Mondiale. Il testo è da questo punto di vista
originale e intrigante, capace di offrire uno sguardo diverso al mondo
comunista che fu, ma va letto con un occhio critico, ovvero tenendo
presente che quelle barzellette nascevano spesso da situazioni politiche
e sociali estremamente difficili, cosa che comunque l’autore non manca
mai di fare contestualizzando sempre i suoi argomenti.
Il lavoro di
Lewis si apre con una sorta di saggio per inquadrare lo status della
ricerca scientifica sul tema delle barzellette e in particolare quelle
legate al mondo comunista. Scopriamo così che esiste un sostanziale
consenso sul fatto che le barzellette rappresentino un genere letterario
proprio diretto contro il comunismo (in paesi repressivi e in assenza
di libertà individuali per esprimere la propria opinione le barzellette
erano un modo per sviluppare una sorta di contro propaganda o di
opposizione al regime) e che gli stati coinvolti cercarono in tutti i
modi di contrastare lo sviluppo e la diffusione di queste barzellette.
Il testo riporta svariati casi di autori di barzellette, autori satirici
di opere teatrali o vignettisti arrestati e condannati ad anni di
carcere, ma chi ha visto il film Le vite degli altri si ricorda
sicuramente la scena degli agenti della Stasi in mensa che scherzano
proprio con una barzelletta salvo poi accorgersi che il superiore di
fianco a loro poteva rivelarsi una presenza alquanto pericolosa.
Sull’interpretazione però delle barzellette sorge una spaccatura tra una
scuola minimalista e una massimalista. La prima sostiene che le
barzellette erano un modo di contrastare la propaganda e riaffermare la
verità evitando per quanto possibile le strette spire della polizia di
stato; la seconda, invece, arriva a sostenere la tesi che le barzellette
abbiano contribuito alla caduta dei regimi totalitari e comunisti.
Senza
entrare in questa diatriba, limitiamoci a osservare che i numerosi
testi che Lewis cita e le 475 pagine del suo libro (che per sua stessa
ammissione incorpora solo una parte delle barzellette da lui raccolte
perché molte utilizzando giochi di parole intraducibili e altre invece
sono doppioni) dimostrano un volume di materiale notevole che
meriterebbe forse una maggiore attenzione.
Se riportassimo qui tutte
le barzellette rovineremmo la lettura del testo, ma qualche esempio va
sicuramente fatto. Per esempio una barzelletta di poco successiva alla
Rivoluzione del 1917: “Dopo la Rivoluzione di ottobre Dio invia in
Russia tre osservatori: san Luca, san Giorgio e san Pietro. Ciascuno dei
tre gli spedisce un telegramma. «Sono finito nella mani della
Ceka» Firmato san Luca. «Sono finito nella mani della Ceka» Firmato san
Giorgio. «Tutto a posto, me la cavo benissimo». Firmato Petrov,
sovraintendente della Ceka”. Una successiva e del periodo del
governo di Stalin: “Un uomo si reca nella Piazza Rossa per rendere
omaggio a Lenin nel mausoleo a lui dedicato. Mentre si avvicina al corpo
imbalsamato del leader della rivoluzione, una guardia gli sussurra «Lenin è morto, ma le sue idee vivranno per sempre». L’uomo sospira: «Se solo fosse il contrario!»”. Come detto il libro presenta anche un interludio sul periodo nazista e un paio di esempi sono particolarmente interessanti. “Hitler
sta visitando un manicomio. Mentre passa in rassegna i pazzi, tutti gli
fanno il saluto nazista, tutti tranne uno, posto proprio in fondo alla
fila. «Perché tu non mi saluti come fanno gli altri?» chiede Hitler. «Mein Führer, io sono un infermiere» ribatte l’interpellato «non sono mica matto»”. Il secondo esempio invece ci riporta alla triste realtà della Germania al termine della guerra attraverso un dialogo tra due tedeschi: “«Dimmi, cosa pensi di fare ora che la guerra è finita?» «Un giro nella Grande Germania» «E nel pomeriggio?»”.
Il testo passa poi ad affrontare la dura realtà del blocco sovietico attraverso i vari Paesi e ovviamente non possono mancare le barzellette su Berlino e sul Muro. “Perchè gli abitanti di Berlino Est sono più scemi dei frisoni dell’est? Perché hanno costruito il muro e si sono messi dalla parte sbagliata”. Oppure “Walter Ulbricht, il primo leader comunista della Germania
dell’Est, è al ristorante. Una delle cameriere che lo servono gli fa il
filo. Ulbricht va in brodo di giuggiole ed esclama: «Sarei lieto di
soddisfare un suo desiderio». La ragazza ci pensa un attimo e dice:
«Allora apra il Muro, anche solo per un giorno». Con una strizzatina
d’occhi, Ulbricht ribatte: «Ho capito: lei vorrebbe restare sola con
me»”.
Alcune barzellette invece mettono a nudo con poche parole i
problemi cronici sia economici che di libertà individuali presenti nei
paesi comunisti. Per esempio questa evidenzia la cruda realtà
dell’economia di stato della DDR in cui le file per acquistare qualunque tipologia di bene
erano una costante e in cui spesso non si sapeva nemmeno perché si era
in fila “Una casalinga dice a un’altra: «Ho sentito dire che domani ci
sarà neve!» «Bene, però per la neve non mi metterò in coda»”. Oppure
un’altra barzelletta mette in luce la forte repressione politica
attuata dalla Stasi, ma che può essere facilmente riscontrata anche
negli altri Paesi. “Mentre è seduto a tavola insieme al figlio, un padre
gli chiede: «Come è andata oggi a scuola?” «Oggi abbiamo svolto un tema
sul Muro di protezione antifascista» risponde
il ragazzino. Qualche giorno dopo il padre chiede al figlio: «Come è
andata con il tema, che voto hai preso?» «Ce li hanno riportati oggi e
ho preso A+» «Ottimo» commenta il padre. «E i tuoi compagni, che voti
hanno preso?» «Non lo so, sono ancora tutti in galera»”. Non mancano
nemmeno simpatici parallelismi con le
barzellette sui carabinieri italiani: “Perchè i Vopos viaggiano sempre
in tre? Uno che sa leggere, uno che sa scrivere e uno che tiene d’occhio
quei due intellettuali”. A proposito di DDR non potrebbe
mancare un riferimento a un simbolo di quel Paese, la Trabant: “Che cosa
c’è nelle ultime 6 pagine del manuale d’uso della Trabant? L’orario dei
treni e degli autobus”.
Ci sono poi quelle che uniscono i vari
personaggi e i diversi regimi totalitari: “Un uomo si reca all’inferno.
Vedendo la diversità delle punizioni inflitte a Hitler e Stalin, chiede
al diavolo: «Perchè Hitler è nella merda fino al collo e Stalin solo
fino alla cintola?» Il diavolo gli risponde: «Perchè Stalin è in piedi
sulle spalle di Lenin»”.
Infine concludiamo con una barzelletta che
ci regala un’immagine di ciò che furono i vari regimi comunisti e lo fa
ovviamente con ironia. “Tutti conoscono le sette meraviglie del mondo,
ma che dire delle sette meraviglie del comunismo?
- Nei regimi comunisti non c’è disoccupazione.
- Sebbene non ci sia disoccupazione, lavora solo la metà della popolazione.
- Sebbene lavori solo la metà della popolazione, i piani quinquennali vengono sempre rispettati.
- Sebbene i piani quinquennali vengano sempre rispettati, non c’è mai nulla da comprare.
- Sebbene non ci sia mai nulla da comprare, tutti sono felici e contenti.
- Sebbene tutti siano felici e contenti, ci sono frequenti dimostrazioni di protesta.
- Sebbene ci siano frequenti dimostrazioni di protesta, il governo è sempre rieletto con il 99,9% dei voti”.
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